STUDIOLO LOUNGE #3

with Salvatore Arancio, Trisha Baga, Atelier Biagetti, David Casini, Sila Candansayar, Giacinto Cerone, Paolo Gonzato, Atelier Van Lieshout, Lena Long, Maude Maris, Fausto Melotti, Luigi Ontani, Alice Ronchi - Opening Wednesday, April 12th, 2023, 6-9 pm - from 12_05_2023 to 03_07_2023




























ph: Michela Pedranti


Per il terzo anno consecutivo la tradizionale programmazione di Studiolo lascia spazio a Studiolo Lounge, un progetto speciale dedicato al dialogo tra le espressioni del design, dell’arte moderna e contemporanea. 

Lo spazio della galleria si trasforma in un luogo ibrido, tra l’asetticità del white cube e l’intimità di un’ambiente domestico, dove opere d’arte e design d’autore – scelte senza alcuna limitazione temporale ma sempre legate tra loro da tematiche curatoriali comuni – tessono una ricca rete di inediti echi estetici. La netta definizione che solitamente stabilisce cosa sia il design o cosa l’arte, qui si affievolisce per mezzo di un contrappunto dichiaratamente libero e alla costante ricerca di equilibri alternativi, spingendo l’osservatore ad una visione amplificata, oltre i limiti temporali, formali o di pura utilità.

Studiolo Lounge è un modello di group show che mira ad affermare come, fuori da stretti e rigorosi canoni settoriali, differenti realtà estetiche possano anche convivere in un unico modello espositivo “eterogeneo”, risvegliando tematiche, punti di vista e percezioni inattese. 


For the third consecutive year, Studiolo gallery plans a new chapter of “Studiolo Lounge”, a special project dedicated to the dialogue between the expressions of design, modern and contemporary art. 

The gallery space is transformed into a hybrid place, between the asepticity of a white cube and the intimacy of a domestic environment, where works of art and design - chosen without any chronological limitation but always linked together by common curatorial themes - build a rich network of unexpected aesthetic echoes. The clear definition that usually establishes what is design or what is art, here fades away by means of an openly free counterpoint and a constant research for alternative balances, pushing the observer to an amplified vision, beyond the limits of time, form or pure utility.

Studiolo Lounge is an experimental group show that aims to affirm how, outside narrow and strict sectorial canons, different aesthetic realities can also coexist in a single 'heterogeneous' exhibition model, awakening unexpected themes, viewpoints and perceptions.


Salvatore Arancio
(Catania, 1974 - Lives and works in London)

Salvatore Arancio presenta “FDBT #2” e “Untitled” due sculture in ceramica smaltata, realizzate tra il 2015 e il 2017, concepite dopo aver osservato il mondo grottesco dei giardini di Bomarzo (il cosiddetto “Sacro Bosco”, ideato durante la metà del XVI secolo in provincia di Viterbo) – e della grotta messicana dei cristalli giganti chiamata la “Cueva de los Cristales”. Le opere di Arancio – tra gli artisti invitati a “Viva Arte Viva”, la Biennale curata da Christine Macel nel 2017 – provengono da una libera fusione tra mito, scienza, archeologia e natura, mondi estremamente complessi e dalla forte componente realistica che Arancio osserva e filtra per dare vita, quasi per contrasto, a visioni surreali, paradossali e persino psichedeliche che cristallizza grazie alla tecnica della ceramica. In questi mondi nel quale l’uomo è sempre assente Arancio si avvicina spesso al concetto estetico di sublime, spingendoci a considerare l'imprevedibile maestosità della natura e l’incontenibile esplosione delle sue forze, e a riflettere sulla condizione incerta e fragile dell’uomo contemporaneo, in crisi con il passato e in difficoltà a immaginare il futuro.

Trisha Baga
(Venice FL, 1985 - Lives and works in New York)

Trisha Baga presenta l’opera “Frankenstein Voltage Adapter 1”, una ceramica prodotta nel 2019 ed esposte nel 2020 in occasione della sua grande personale “the eye, the eye and the ear” presso l’Hangar Bicocca di Milano. Tratta da una serie di lavori intitolati Hypotetical Artifacts – quasi tutti incentrati sul netto contrasto tra elementi organici e artificiali – l’artista, concepisce uno strano fossile tecnologico come proveniente da una indistinguibile e futuribile società distopica. La scultura, combinazione di ceramica smaltata e materiale vegetale (in questo caso un limone e una cipolla), riflette sull’affidamento eccessivo che la nostra società ripone nel mondo della tecnologia; tramite questa estrema dicotomia, attuata concretamente dalla differente natura degli elementi utilizzati, Baga vuole esaltare con il suo noto accento sarcastico, gli aspetti più fragili e fallimentari della nostra epoca, un tema che l’artista persegue da oramai quasi quindici anni focalizzandosi, in particolare modo, sul rapporto tra il mondo reale e quello digitale.

Atelier Biagetti
(Founded by Alberto Biagetti e Laura Baldassari - they lives and works in Milan)

L’Atelier Biagetti presenta la scultura “Fortunelli”, una ceramica rosa prodotta nel 2007 (sesta edizione di una serie che ne conta 19) nella prestigiosa Bottega dei Vasai di Milano, storico laboratorio attivo sin dagli anni ’80, famoso anche per avere accolto e coadiuvato la realizzazione di opere di celebri artisti e designer come Ugo La Pietra e Carla Accardi.  L’opera nasce per l’omonima mostra curata da Alessandro Guerriero nella Galleria di Clio Calvi e Rudy Volpi e si configura come un vaso orizzontale dalle sembianze di un teschio-fantasma, una forma liberamente ispirata dal celebre dipinto di Munch. Pensato per contenere un unico fiore da porre nella cavità della bocca ed accogliere all’interno delle cavità degli occhi un pot-pourri da realizzare con i petali una volta secchi, “Fortunelli” nasce come una sorta di memento mori contemporaneo, una ceramica dissacrante e al tempo stesso ironica, per ricordare la caducità della vita; un lavoro perfettamente in linea con la ormai consolidata poetica del progetto, da sempre ispirata dai comportamenti umani e dalle maggiori ossessioni della società contemporanea che, analizzate e decostruite, si riconfigurano in nuovi ed inconfondibili codici.

David Casini
(Montevarchi, 1975 - Lives and work in Bologna)

David Casini presenta le due opere “Spazio Libero” e “Baby Tschu-Tschu”, prodotte rispettivamente nel 2019 e nel 2021 ed entrambe provenienti da una serie di sculture dedicate al paesaggio, in particolare quello toscano. La prima segue geometrie prospettiche e propone due fotografie del medesimo olmo su schermi di cristallo temperato, usati solitamente per proteggere gli smartphone. Le immagini gravitano nella scultura come nei “mobiles” di Calder insieme ad alcuni oggetti ambigui, gusci cromatici che rimandano inoltre ai colori primari delle opere di Mondrian. La seconda opera – composta da più parti in relazione tra loro – richiama invece il mondo estetico legato al treno; elementi quali il traliccio, il ripetitore, un binario, un palo elettrico, un cartellone pubblicitario, sono riproposti stilizzati, miniaturizzati  e pensati per essere posizionati liberamente nello spazio, creando ogni volta paesaggi differenti. Le due opere esposte rappresentano lucidamente l’interesse per i grandi maestri dell’arte e per il paesaggio che, uniti ad una costante attenzione per i materiali, hanno sempre contrassegnano la sua poetica sin dai primi anni 2000.

Sila Candansayar
(Ankara, 1997 - Lives and works in Paris)

Sila Candansayar presenta “Shahmaran” una scultura prodotta nel 2023 – parte di una larga serie in corso di produzione – che trae forte ispirazione dall’omonima creatura mitologica, a metà tra serpente e donna, storicamente dotata di un immenso potere curativo. Il mito narra che essa venne uccisa e divisa in tre pezzi – testa, corpo e coda – dal re di Tarso, che speranzoso di ottenere la propria salute, la mangerà rimanendone però esso stesso ucciso a causa del veleno contenuto nel suo sangue; prendendo spunto dalla fine di questo racconto, nel quale i resti della donna-serpente furono gettati in un lago con la speranza che l’antica forma potesse rinascere, l’artista ci stimola a ragionare su come, metaforicamente, ogni nuova vita (o un nuovo percorso umano) passi inevitabilmente da una sua scomposizione in parti, da un analisi profonda. Il processo artistico di Candansayar – qui alla sua prima collettiva in una galleria – è alimentato dal recupero di simbologie appartenenti alla mitologia – corna, arti, sacrifici, maledizioni – diventano la base narrativa da tradurre in forma di nuovi oggetti-reliquie, fossili organici dalle fattezze ataviche ma realizzate in verità da una stratificazione di parti in resina realizzate a mano e a stampa 3D, realizzate ed assemblate con un meticoloso approccio modulare.

Paolo Gonzato
(Busto Arsizio, 1957 - Lives and works in Milan)

Le opere di Paolo Gonzato nascono da una scrupolosa ricerca sulla storia e sullo spazio circostante, sia da un punto di vista fisico che psicologico, identificandosi spesso in quella categoria che potremmo definire “arte funzionale” a metà fra design e pura poetica artistica. Le due ceramiche presenti in mostra dal titolo “Pastiche” e prodotte nel 2020 a San Giorgio di Albissola – dalle fattezze di due manufatti in ceramica, un’anfora e un piatto, come rinvenuti da uno scavo archeologico ed apparentemente dalla difficile datazione temporale – sono in verità il risultato di uno studio sul modus operandi di Giovanni Battista Piranesi; dei veri e propri “pastiche” d’autore, appunto (tecnicamente un insieme di frammenti ricostruiti in maniera verosimile ad un modello già esistente) ma alterati dalle inevitabili trasformazioni operate dall’autore che ne corrompe la matrice primigenia, creando così, di fatto, un falso storico ma con il potere di stimolare inediti processi percettivi. In mostra anche "Chopstick", prodotta nel 2022, una scultura in forma di vaso, la cui ceramica è logorata da infiniti buchi inferti alla superficie con delle bacchette cinesi; una pratica che alterando la sua superficie ne altera irrimediabilmente anche la sua stretta funzionalità ma grazie alla quale la luce – che riesce a penetrare al suo interno – diventa essa stessa parte attiva della scultura.

Atelier Van Lieshout
(Founded in 1995 by Joep Van Lieshout - Lives and works in Rotterdam)

L’Atelier Van Lieshout presenta in mostra l’opera “Swing” prodotta nel 2011. La scultura realizzata in bronzo rappresenta un albero spoglio sul quale, da un lato oscilla un bambino su un’altalena appesa a un ramo e dall’altro un uomo giace morto impiccato a una corda; vita e morte, giocano in opposizione imperniati intorno ad uno dei simboli di solidità, costanza e rinascita per eccellenza come l’albero. Spesso caratterizzate da duplici nature in contrasto tra di loro, utopie e concetti pregni di tematiche sociali, politiche ed ecologiche, AVL sin dalla metà degli anni’90 si dedica a molteplici discipline, mischiando sperimentazioni di architettura, creazione di non-functional objects e sculture che passano dalla piccola scala a quella urbana e ambientale. “Swing”, intriso dalla tipica, sottile, vena ironica che caratterizza da sempre il lavoro di AVL, analizza il sottile confine tra fantasia e realtà, tra fertilità e distruzione, tra desiderio e caduta psicologica, in sintesi la società contemporanea nella sua dicotomica complessità.

Lena Long
(Lyon, 1997 - Lives and works in Paris)

Lena Long presenta l’opera “lookin for a common area?”, una scultura pensata e realizzata appositamente per la mostra: un paio di scarpette da ballo graziosamente riposte in una confezione regalo, leziosamente incartata in un cellophane trasparente tipico delle composizioni floreali. La posizione verticale e instabile delle ballerine, rappresenta l’ennesima metafora che l’artista – senza mai porsi limiti di natura “mediale” – elabora sulla complessità sociale che avvolge e pesa sulla generazione a lei contemporanea; in questo lavoro specifico la posizione in “relevé” delle scarpette – una tra le posizione di massima tensione fisica per una ballerina – rappresenta un’allusione alla simile tensione fisica e performativa alla quale, ogni giorno, siamo sottoposti dal nostro contesto sociale; una stanchezza che l’artista cerca di alleviare collocandole su una soffice base di gommapiuma. Quello di Long è un “regalo”, e come ogni regalo nasconde il suo tipico paradosso dell’essere gesto prezioso e delicato ma anche una mistificazione di questa inclemente società capitalistica e normalizzatrice che ci circonda e che l’artista non manca mai di descrivere con tinte agrodolci.

Maude Maris
(Caen, 1980 - Lives and works in Paris)

Maude Maris presenta cinque opere, quattro pittoriche e un gruppo di modelli, di piccole e piccolissime dimensioni scelte appositamente per la mostra; il suo lavoro parte dallo studio della forma, per poi tornare alla stessa con il medium della pittura e solo dopo un lento e meticoloso ragionamento di come questa possa potenzialmente influire sulla nostra percezione, e sulla nostra mente, in base al punto di vista dal quale la osserviamo. Il suo processo creativo parte da un esercizio compositivo che va dal modello alla pittura; centinaia di piccole forme geometriche, organiche o tratte dal mondo animale – realizzate da lei stessa in plastilina e inchiostri colorati – popolano il suo studio pronte per essere accostate, giustapposte e sovrapposte in infiniti assemblaggi da trasferire e corrompere nello spazio interminato e metafisico della tela; “ritratti di gruppo” che possono tendere ad una sospensione compositiva di “morandiana” memoria ma anche moltiplicarsi in ambigui specchiamenti o addirittura disintegrarsi fino a toccare l’astrazione, le loro entità corporee dipendono solo dal punto di vista dalla quale Maris decide ogni volta di osservarli e restituirceli.

Alice Ronchi
(Ponte dell’Olio, 1989 - Lives and works in Milan)

Alice Ronchi presenta le opere “Inner Spirit”, prodotta nel 2020, e “Jellyfish”, parte di una serie iniziata nel 2013 e attualmente ancora in corso, entrambe estremamente rappresentative del suo lavoro focalizzato, da oramai più di dieci anni, su una sintesi tra forme geometriche, granitiche e minimaliste, e astrazioni più organiche, sempre in costante equilibrio tra l’ambizione di creare solide icone e suscitare l’informalità contenuta del gioco infantile. Nella prima opera un sottile tondino in ferro curvato a mano prende le sembianze di un sole; l’aspetto estremamente esile della scultura contrasta volutamente con il potere energetico che questo elemento naturale porta solitamente con se nella sua iconografia, umanizzandolo inevitabilmente e rendendolo una sintesi di fragilità antropica e forza interiore. La seconda opera è parte di una serie appartenente a progetto più ampio, in cui l’artista vuole celebrare il mare e gli elementi che lo compongono; lo rappresenta tramite materiali di uso comune, in questo caso il vetro, e attraverso tecniche scultoree differenti. L’idea nasce dal semplice desiderio di raccontare la meraviglia generata dall’incontro con la vita marina.

Giacinto Cerone
(Melfi, 1957 - Rome 2004)

In mostra una scultura monocromatica in ceramica di colore nero tipica del suo immaginario scultoreo che ha caratterizzato il suo periodo produttivo tra il 1993 e il 2004, esattamente nell’ultimo decennio di attività dell’artista prima della sua morte. Prodotte a partire da blocchi geometrici preparategli dalla Bottega Gatti di Faenza, queste sculture venivano violentemente manipolate dall’artista nei più svariati modi: erano sottoposte a squarci, tagli, lacerazioni, percussioni. Cerone aggredisce la materia, con lui si parla infatti di “trauma della scultura” e dalla sua opera non può che trapelare un profondo ed esasperato senso d’inquietudine. 

Fausto Melotti
(Rovereto, 1901 - Milan, 1986)

In mostra un piccolo vaso policromo prodotto intorno al 1960. La sua ricerca artistica nel dopoguerra fino ai primi anni sessanta giunge all’esplorazione della ceramica, con cui reinterpreta a modo suo il concetto stesso di scultura. L’estrema malleabilità di questo materiale diviene per l’artista fonte d’ispirazione inaspettata. L’artista gioca e sperimenta, trasforma oggetti d’uso quotidiano, estremizzando determinate caratteristiche: le superfici diventano troppo sottili e di conseguenza fragilissime, le pareti dei vasi troppo basse o troppo alte, inutilizzabili. L’oggetto funzionale diventa, nella mani di Melotti, pura forma d’arte.

Luigi Ontani
(Montovolo, 1943 - Lives and works in Bologna)

Luigi Ontani presenta “MascherArya”, una scultura in legno di Pule dipinta con pigmenti naturali e realizzata con i Wayan Sukarya, durante uno dei suoi numerosi viaggi in Indonesia. Datata sul retro tra il 2008 e il 2009 e parte di una grande mostra realizzata proprio alla fine di quel biennio, l’opera è fortemente rappresentativa dell’incessante ricerca che Ontani dedica, per tutto il corso della sua carriera, ai materiali, alle civiltà, alle culture, ai miti, alle allegorie e alle leggende, che si mescolano e si unificano in un mondo utopico, onirico, idilliaco, creato dall’artista e ripresentato costantemente nei suoi lavori. Le sue opere risultano sempre su un labile confine, a metà tra antico e moderno, tra tradizione e innovazione, realtà e immaginazione.

 

 


08/05/2023